Toni Zarpellon è ospite in mostra personale, dal titolo “I colori della realtà” presso la rinomata “Milano Art Gallery Spazio Culturale” in Via Alessi 11, a Milano, con l’organizzazione del manager Salvo Nugnes, Direttore di Promoter Arte, dal 12 al 27 Aprile 2013. Il vernissage inaugurale si è svolto venerdì 12 Aprile, con ampio consenso di pubblico e di critica.
Zarpellon è un poliedrico artista con un prestigioso curriculum di mostre ed è stato citato in importanti testi e trattati di arte contemporanea. Le sue creazioni sono complete, emblemi di ricerca stilistica e indagine psicologica. Ha la capacità di scrutare la realtà attraverso una ritrovata verità introspettiva, per spiegare il cuore umano e cancellare il dolore che lo trafigge. L’arte viene concepita come un universo parallelo, ma ben tangibile nelle sue forme e nelle sue dissertazioni metafisiche sul ruolo, in cui l’uomo cerca di riprodurre la realtà circostante, rappresenta ciò che vede, ciò che più gli è caro oppure vola lontano con la fantasia e attraverso simboli e segni, apparentemente irriconoscibili, manifesta un’interiorità che, trova in questo canale espressivo una via di fuga. Nei suoi nudi femminili gli occhi delle modelle appaiono spesso pervasi da una certa inquietudine, seppur austeri e misteriosi, come se assorbissero e lasciassero trapelare la tortura e il tormento interiori. Zarpellon accoglie dinanzi alla sofferenza, il bisogno di trasferirla sul piano della poetica del segno, come un diario e un linguaggio intimi per catturare le evanescenti sembianze corporee e andare oltre l’apparenza visiva e materica.
Zarpellon detiene un particolare primato, quello di aver dato vita e identità a inanimate pietre e freddi massi, collocati nel contesto territoriale delle Cave di Rubbio, compiendo un lavoro straordinario che, ogni anno catalizza migliaia di visitatori. Di questo luogo suggestivo unico in Italia e tra i pochi nel mondo racconta “Questo progetto artistico, a livello concettuale, rappresenta lo sprofondamento dello spazio piatto della tela e il concepimento di uno spazio mio e dei visitatori delle cave, insito in un contesto di silenzio, quasi irreale e in un luogo aperto della natura in contrapposizione alla gabbia dell’uomo, costituita da una società ipermodernizzata e ipertecnologica. Ho voluto esprimere un richiamo ancestrale e un mutamento antropologico. Peraltro, il conflitto esistenziale che, provoca riflessioni interiori di non accettazione permane, ma si prospetta l’opportunità di un mondo diverso, basato anche sull’utopia”.
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