“Ormai nessuno fra i colleghi, anche il più novellino illuso e ottimista, ignora il fatto che quando si esce in servizio d’ordine pubblico si rischia di essere letteralmente ammazzati. Non discutiamo di operazioni antiterrorismo o di blitz contro fortini della criminalità organizzata o di narco-trafficanti internazionali, ma parliamo di quando si va in strada per i cortei di protesta, o allo stadio, o in altre tante manifestazioni che dovrebbero essere quelle innocue per eccellenza. Ormai persino noi ci siamo quasi assuefatti all’assurdità di tutto questo, troppo concentrati ad eseguire ordini e troppo dediti al nostro dovere. Ma mai e poi mai ci potremo abituare all’indifferenza, all’oltraggio, alla mancanza di considerazione e rispetto, all’arroganza inumana di chi ci considera carne da macello al punto da non avere più neppure l’impulso di stringere le mani sanguinanti di un Poliziotto e dirgli ‘grazie, quello che ti è accaduto non doveva accadere, ma tu hai fatto comunque ciò che dovevi per evitare il peggio e hai mostrato l’onore che in Italia contraddistingue da sempre gli Appartenenti alle Forze dell’Ordine’. Mai e poi mai potremo inventarci la stima per chi dall’alto non conosce o non sa più riconoscere il vero sacrificio che questo lavoro implica, e non si cura di vedere con i propri occhi le ferite sulla pelle dei suoi uomini. Mai e poi mai riconosceremo e scuseremo il comportamento di chi si preoccupa di trovare la migliore inquadratura o di dire la frase più ad effetto ai microfoni, possibilmente sputando sul sudore dei colleghi, e poi, anche nel chiuso del suo ufficio, non alza neppure il telefono per sostenere i suoi, almeno a parole… Noi quelle ferite le conosciamo bene, le vediamo addosso ai colleghi di ritorno da servizi al limite della follia, ringraziando il cielo, in silenzio, nella mente, se sono lividi o fratture o tagli o ferite, ma se almeno non dobbiamo accarezzare una bara”.
Così Franco Maccari, Segretario Generale del Coisp, Sindacato Indipendente di Polizia, torna sull’argomento dell’Ordine pubblico che oramai da settimane, e per diversi episodi, tiene banco sulle cronache nazionali, dove ad onor del vero la fanno da padrone più le critiche e le criminalizzazioni alle Forze di Polizia che realistiche ricostruzioni che si basino anche sulla conta dei feriti – non di rado gravi – che impegna ogni volta gli uomini in divisa. Feriti come quelli tornati dalla partita di sabato a Roma, in occasione della finale di Coppa Italia, assurta agli onori delle cronache per clamorosi eventi come il ferimento a colpi di pistola del tifoso napoletano, o la trattativa con il capo ultras partenopeo prima del fischio d’inizio, o, peggio ancora, la maglietta con la più vile delle frasi, inneggiante all’assassino dell’Ispettore Capo Filippo Raciti.
“Feriti – insiste Maccari – che hanno sopportato nel proprio coraggioso silenzio, ed in quello codardo e vile di chi avrebbe dovuto parlare eccome, colpi di spranga, e tante altre gentilezze dalla gente innocue a perbene presente. A chi leggendo sta pensando ‘i soliti retorici’ chiediamo di smentire che un colpo di spranga ben assestato può uccidere, specie se il casco di sicurezza che porti e che risale a prima della Guerra mondiale si sfascia come una noce… A chi sa indignarsi solo quando gli conviene chiediamo di smentire che in Italia sono d’obbligo due pesi e due misure, e che la solidarietà ed il rispetto si garantiscono solo a chi non porta la divisa e si organizza bene in rete, e che se un manifestante o un tifoso aggredisce un Poliziotto è ‘normale’ e se un Poliziotto si difende è un ‘torturatore’”.
“Al nostro Capo poi – conclude Maccari -, soprattutto a lui ma anche ai molti altri che siedono su poltrone che implicano di per se stesse la conoscenza profonda del nostro mondo e del nostro lavoro, chiediamo di raccontare, una volta tanto, com’è fronteggiare il delirio della folla, com’è tentare di arginare chi ti vuole fare molto male, com’è sentire il cuore in gola mentre pensi ‘speriamo che non mi facciano a pezzi’, com’è sopportare ancora e ancora, offese, sputi, grida, botte, violenza e violenza e ancora violenza, mentre poco più giù ventidue persone tirano calci a una cosa rotonda. Ma, a pensarci bene… lo sanno?”.
Coisp
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