L’anno scorso cadevano i 400 anni dalla morte di Giovanni Caccini (1556-1613), allievo di Giambologna fra i più abili restauratori di scultura antica attivi nella Firenze della seconda metà del XVI secolo. In quella circostanza si è deciso di procedere al restauro di quello che può essere considerato un vero e proprio capolavoro del suo genio di integratore, il gruppo di Ercole e il centauro, sistemato dal 1595 alla testata del primo corridoio degli Uffizi, e di cui da alcune settimane ha preso il via un delicato restauro.
Dai soli piedi conservati sulla superficie antica della base, Caccini fu infatti in grado di ricostruire l’intera figura di Ercole, dando vita a un gruppo molto vicino all’antico prototipo.
Condotto da Paola Rosa e interamente finanziato dagli Amici degli Uffizi, l’intervento non solo consentirà di restituire piena leggibilità a un’opera focale nell’arredo statuario del corridoio, ma permetterà anche di chiarire una serie di dubbi sulla figura del centauro, la parte antica della statua, di epoca romana e risalente al I secolo dopo Cristo.
Si è, infatti, potuto ricostruire con maggiore esattezza la corretta posizione della fiera che, in antico, risultava più arretrata e sollevata verso l’alto rispetto a come è stata restaurata da Caccini, e si sono definiti con esattezza i limiti fra integrazioni e porzioni autentiche nella ricaduta della leontea erculea sulla spalla del centauro.
“Oltre a una benemerita opera di conservazione, per la quale ancora una volta la gratitudine va agli Amici degli Uffizi– afferma il Soprintendente per il Polo Museale Fiorentino, Cristina Acidini -, questo restauro rappresenta un’interessante occasione conoscitiva e critica, per tornare a riflettere sul rapporto degli artisti moderni nei confronti dell’Antico, intessuto di venerazione ma anche di competitività”.
“È culturalmente importante – aggiunge Antonio Natali, Direttore della Galleria degli Uffizi – che si possa dare avvio al restauro d’un gruppo marmoreo antico in cui fu determinante l’intervento di Giovanni Caccini, scultore di rango, cui nel Cinquecento, proprio per la sua poetica abilità, si fece ricorso frequente per integrare le mutilazioni inferte dal tempo a marmi antichi e moderni. A lui si deve infatti il restauro della statua di san Giovanni Gualberto di Benedetto da Rovezzano, così ben condotto da far credere per quattro secoli che l’effigie del santo fosse tutta di sua mano”.
Il restauro, che avviene a quasi vent’anni dall’ultimo intervento, si protrarrà almeno fino all’inizio del 2015 e si propone anche di restituire una mappatura completa del gruppo che, eccezionalmente, sarà prodotta su un modello 3D virtuale realizzato da Digitarca, ditta specializzata nelle restituzioni tridimensionali di scultura.
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