BETHESDA, MARYLAND (U.S.A.), 14 MAGGIO 2015 – Tutti i bambini piangono. Ma alcuni lo fanno senza avere le lacrime. Come Bertrand Might (in foto), che oggi ha sette anni ed è stato il primo bambino al mondo a ricevere, nel giugno 2012, una diagnosi di carenza di N-glycanase (o NGLY1). Dopo di lui sono stati trovati, ad oggi, solo altri 27 bambini affetti da questa rarissima mutazione genetica. Fra loro c’è Luisa Scotto, l’unica paziente italiana e la più grande d’età al mondo (22 anni): la famiglia di Luisa, originaria di Monte di Procida, in provincia di Napoli, quando lei aveva tre anni si è trasferita negli Stati Uniti, in una cittadina del Maryland, per cercare di curarla.
La carenza di N-glycanase rientra nella famiglia dei disturbi congeniti della glicosilazione (CDG): in questo patologia, le cellule del corpo non sono in grado di sintetizzare l’enzima N-glycanase. La mancanza di questa sostanza lascia il corpo con una ridotta capacità di riciclare le glicoproteine mal ripiegate, che si accumulano nelle cellule dei pazienti e possono quindi causare danni. Il deficit di N-glycanase è recessivo: se entrambi i genitori sono portatori, hanno una probabilità del 25% di avere un figlio con la malattia per ogni gravidanza. I genitori di Luisa Scotto hanno scoperto solo due anni fa di avere entrambi la stessa mutazione genetica; la sorella di Luisa, Simona, ha vent’anni e non ha ereditato la patologia.
I sintomi chiave sono: ritardo dello sviluppo globale, ipotonia, convulsioni, disturbi del movimento, neuropatia periferica, alacrimia o ipolacrimia, transaminasi epatiche elevate, microcefalia, riflessi neurologici diminuiti, costipazione, strabismo e la presenza di materiale finora non identificato nelle cellule epatiche. Il fenotipo, comunque, è abbastanza variabile, perciò il bambino potrebbe non presentare tutti questi sintomi.
“Fin dalla nascita mia figlia era ipotonica”, racconta la mamma, Elvira Scotto, all’Osservatorio Malattie Rare. “Non riusciva a tenere la testa dritta, a stare seduta, a seguire gli oggetti con lo sguardo o a tenerli in mano. Un altro segno che si è manifestato dalla nascita erano le transaminasi molto alte; nell’esame neurologico, inoltre, non ha mai avuto il riflesso nel test del martelletto. Notammo anche la mancanza di lacrime, sintomo tipico della malattia”, ricorda la signora Scotto. “La diagnosi iniziale fu un disturbo psicomotorio, un ritardo neurologico, e a quattro mesi iniziò la fisioterapia. Poi, con la pubertà, sono sorti altri problemi come la scoliosi, per cui è stata costretta ad usare il busto”.
Le risposte arriveranno solo vent’anni dopo, nel 2013, negli Stati Uniti, quando il neurologo suggerì di effettuare un esame genetico di ultima generazione chiamato “All Exome Sequencing”.
Solo un anno prima, infatti, con questo stesso esame, era stato diagnosticato il primo caso di questa malattia: quello di Bertrand Might. La diagnosi, finalmente, fu chiara: deficit di N-glycanase.
Oggi Luisa non ha equilibrio, e per muoversi autonomamente si serve di un walker, un ausilio alla deambulazione. Oltre alla mancanza di lacrime, i bambini con questa malattia non sudano: Luisa ha iniziato a farlo – poco – dopo la pubertà, e allo stesso modo ha una ridotta produzione di saliva.
Luisa continua la fisioterapia e la logopedia. Per comunicare, oltre al linguaggio delle mani, usa un iPad, con un programma creato ad hoc per le esigenze di questo tipo di pazienti: ogni tasto corrisponde a una parola o a un verbo, e così si possono comporre delle frasi. Una volta la settimana i genitori la portano in un centro medico dove può camminare su un particolare tapis roulant robotizzato usato per la riabilitazione, il Lokomat (in Italia ce ne sono una quindicina, nei migliori centri specializzati). Frequenta un centro occupazionale per diversamente abili, dove le fanno fare dei lavoretti, utili per tenersi impegnata. I suoi genitori, invece, sono occupati – ogni giorno e in tutti i modi – a trovare una cura per lei.
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LA STORIA DI BERTRAND, IL ‘PAZIENTE ZERO’
La sua famiglia ha creato il portale www.ngly1.org
“Mio figlio soffriva di una malattia ignota alla scienza”, racconta la mamma di Bertrand Might, Cristina, all’Osservatorio Malattie Rare. Cristina ha 33 anni e vive a Salt Lake City, nello Utah, col marito Matt e i suoi tre figli. Il maggiore, Bertrand, alla nascita era inaspettatamente di basso peso per la sua altezza ed età gestazionale, e soffriva di ittero. A circa due settimane di età iniziarono le coliche e il suo ‘riflesso di Moro’ (uno dei riflessi primari del bambino attraverso il quale il neonato reagisce di soprassalto, con l’apertura delle braccia, a stimoli improvvisi come un rumore) diventò più frequente e pronunciato.
“Eravamo diventati genitori per la prima volta – spiega Cristina Might – e chiedevamo spesso al pediatra se questo fosse normale: ci assicurarono che il suo sviluppo era all’interno delle consuete variazioni. A sei mesi, Bertrand fu finalmente indirizzato a uno specialista, e i ricercatori della Duke University di Durham (North Carolina) riuscirono a riconoscere la sua malattia grazie a uno studio innovativo per l’uso del sequenziamento di nuova generazione nelle condizioni non diagnosticate.”
“Mio marito e io ci sentivamo sopraffatti ma determinati”, continua Cristina Might. “A quel tempo, Bertrand era l’unico caso noto di NGLY1 nel mondo: non ci sarebbe stato niente di certo fino a quando non avremmo trovato un secondo paziente. Così mio marito Matt ha scritto un post sul suo blog che è diventato virale (più di due milioni di visualizzazioni in due settimane) chiamato “Hunting down my son’s killer” (“Dando la caccia all’assassino di mio figlio”) e in pochi mesi siamo riusciti a trovare altri pazienti. In seguito abbiamo anche assegnato un finanziamento per l’assunzione di un ricercatore post-dottorato nel laboratorio di un esperto mondiale di disturbi congeniti della glicosilazione”. Cristina ora dirige il portale NGLY1.org, un punto di riferimento per le famiglie, i medici e i ricercatori. Suo marito Matt recentemente è stato invitato alla Casa Bianca dove, in un incontro privato, ha potuto raccontare la sua storia al Presidente degli Stati Uniti Barack Obama.
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NGLY1, MALATTIA SCOPERTA DA SOLI TRE ANNI E ANCORA SENZA CURA
Prof.ssa Lam: “Per ora si cerca di limitare i sintomi, solo quando la conosceremo meglio potremo pensare a una vera terapia”
La genetista Christina T. Lam lavora presso il National Human Genome Research Institute (NHGRI), centro dei National Institutes of Health, una delle agenzie del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti. È specializzata nei disturbi congeniti della glicosilazione, fa ricerca clinica in questo campo e fino ad oggi ha visitato dieci pazienti con carenza di NGLY1. “In questo momento – spiega la dottoressa Lam – si ottiene una diagnosi quando l’individuo viene visitato da un genetista o da un neurologo, e il test appropriato identifica delle mutazioni nel gene NGLY1”. Si tratta di un test che è diventato disponibile solo in tempi relativamente recenti.
“Attualmente i trattamenti per questa malattia sono principalmente di supporto, e sono mirati a migliorare i sintomi. La terapia è di tipo fisico, occupazionale e del linguaggio, per contribuire a sostenere lo sviluppo del paziente, collirio e una pomata idratante per proteggere gli occhi, e strumenti di comunicazione aumentativa quali lavagne con immagini o programmi su tablet. L’obiettivo della nostra ricerca – conclude la genetista – è quello di determinare le caratteristiche e la storia naturale delle malattie come la carenza di NGLY1, per poter in futuro sviluppare delle terapie”.
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