Lui è un artista già noto, impegnato nella sperimentazione di un complesso sistema d’illuminazione che sin dalle prime applicazioni rivoluzionerà la scenotecnica teatrale. Le scarne notizie biografiche non ci raccontano altro, ma certo è che dal 1902, per ben 47 anni, Henriette sarà al fianco di Fortuny, contribuendo in misura determinante al successo delle sue straordinarie creazioni tessili. A lei si deve infatti l’idea del Delphos, l’abito in finissima seta plissettata icona di uno stile mondialmente riconosciuto e simbolo di un’eleganza senza tempo.
Nella casa laboratorio di Palazzo Pesaro degli Orfei Henriette affianca il marito nella produzione dei pregiati tessuti stampati e delle lampade in seta, coordinando le numerose maestranze che con loro collaborano. Si fa anche carico dei delicati rapporti con una committenza sempre più numerosa e internazionale, lasciando al Maestro la possibilità di dedicarsi interamente agli studi, alle ricerche, alle sperimentazioni nelle varie discipline artistiche. Dopo la morte del marito (1949) e ceduta la Società Anonima Fortuny all’amica Elsie McNeill, Henriette dedica il resto della sua vita a ottemperare alle disposizioni testamentarie di Mariano – donando numerose opere a musei italiani e spagnoli – e all’inventario dei beni del palazzo, che alla sua scomparsa affida alla città di Venezia.
La mostra, a cura di Daniela Ferretti e Cristina Da Roit, è il frutto del lavoro di ricerca, riordinamento e manutenzione effettuato nel corso del 2015 sulle collezioni del Museo Fortuny, mediante il quale è stato possibile selezionare, da un corpus di oltre dodicimila originali tra lastre di vetro alla gelatina e pellicole in celluloide, duecento fotografie dell’archivio fotografico Fortuny, che sono state oggetto di un importante intervento conservativo e archivistico, cui si è aggiunto il riordinamento e l’informatizzazione della raccolta delle matrici per la stampa su tessuto. In occasione della mostra per la prima volta saranno inoltre visibili al pubblico alcuni filmati amatoriali girati da Mariano negli anni Trenta. Si tratta di materiali filmici di recente ritrovamento, costituiti da pellicole in formato pathè baby e 35 mm, sui quali, grazie al contributo della Maison Vuitton, è stata eseguita un’operazione di restauro tecnico e riversamento in digitale a opera dell’Archivio Nazionale Cinema Impresa di Ivrea e dei laboratori La Camera Ottica e Crea dell’Università degli Studi di Udine.
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