Babà e pizza fritta: cucina popolare e pasticceria napoletana si incontrano presso “O Sfizio d’’a Notizia”


Sono davvero tante le prelibatezze che la cucina napoletana offre: tra queste il babà e la pizza fritta. Ed proprio a loro che lunedì 23 maggio il maestro pizzaiolo Enzo Coccia patron dello “’O Sfizio d’’a Notizia”, l’ultimo locale nato in casa Coccia incentrato interamente su pizze fritte e ‘mpustarelle (panini realizzati con un’esclusiva miscela di farine),  ha voluto dedicare una serata davvero speciale. Accanto ad Enzo quattro re della pasticceria partenopea:  Sal De Riso, Ciro Scarpato, Salvatore Capparelli e Francesco Guida che hanno proposto quattro tipologie di babà: napoletano, del ‘700, Savarin e napoletano al bergamotto. Ad innaffiare il tutto ci hanno pensato i vini dell’azienda irpina Feudi di San Gregorio presente con DUBL Esse, DUBL Rosato e Privilegio Irpinia Fiano Passito DOC.

La serata dal titolo “Pizza fritta & Babà – Assaggiamo la storia di Napoli” ha visto la partecipazione del professore Fabrizio Mangoni, profondo conoscitore della storia della pasticceria napoletana e delle tradizioni gastronomiche partenopee, che condurrà gli ospiti alla scoperta delle origini di queste due amatissime specialità.

LA PIZZA FRITTA. LA STORIA  

“La pizza fritta è antichissima – così comincia a raccontare il professor Mangoni -.  E’ un prodotto povero della cultura napoletana che nasce quasi sicuramente nell’immediato dopoguerra ed è quello che faceva Sofia Loren nel film “L’Oro di Napoli” o che si faceva nel basso ed era un prodotto semplice che costava poco e poteva essere consumato da gente che aveva pochi soldi per pagare. La montanara è una pizza che facevano sulle montagne della Campania e poi la portavano a Napoli. Enzo Coccia ha letto una ricetta di Ippolito Cavalcanti, antenato del poeta Guido Cavalcanti. Lui scrive un libro importante nel 1837. Siamo in un’epoca particolare, non si è ancora fatta l’Italia e la cucina italiana sarà codificata da L’ Artusi a fine Ottocento. E’ un manuale importante che viene dopo i manuali settecenteschi di Corrado. Risente della cultura francese ma come a Napoli la cucina dal popolo va verso la nobiltà e si raffina. Il nobile non rinuncia alla pasta ma usa il timballo, e lo nobilita in forme monumentali. Questa è la tradizione napoletana. Lui ha preso il libro di Ippolito Cavalcanti che nel 1839 fa un’appendice in lingua napoletana dove ci sono elencati tutti i prodotti della tradizione napoletana come la pastiera, e altre ricette del popolo e le racconta. Enzo Coccia ha preso la ricetta di scarola e pesce, un abbinamento che con uvetta, pinoli, capperi e olive è un vero trionfo del sapore. La cucina è un progetto armonico. Quello che Ippolito Cavalcanti metteva in una pizza di pasta frolla Enzo Coccia lo ha messo nella pizza fritta realizzando un capolavoro. “

IL BABà. LA STORIA

“Il babà nasce a metà Settecento in Lorena – continua Mangoni –  ad opera di Stanislao Leszczyński, due volte re di Polonia. Un uomo senza poteri che creò il più importante salotto illuminista del Settecento . Voltaire è stato un anno nel suo palazzo. Durante una sfida con Voltaire lui si riservò il dolce e inventò questo babà. E’ un progetto, una deformazione di un dolce che si faceva in Alsazia, il  gugelhupf, ma lui rompe più volte il lievito e fa un dolce che ci ha preparato Francesco Guida, il più giovane fra tutti a cui abbiamo affidato il compito più difficile, con l’uvetta di Smirne e di Corinto. Questa uvetta veniva bagnata nel vino e poi veniva aggiunto lo zafferano. Questo profumo d’oriente determinò il nome e lo chiamerà l’Alì Babà. Inizialmente è come una briosche molto soffice. Si pose subito il problema di come bagnarlo. Stanislao provò prima con molti liquori e alla fine col rum. Il babà passerà in una pasticceria Sthorer a Parigi e durante la Rivoluzione francese verrà diffuso. A metà Ottocento Brillat Savarin conferirà una ricetta per un liquore ai fratelli Julien. Loro decisero di mettere questo liquore come condimento di una macedonia dentro a un babà. Siamo a metà Ottocento . Per evitare che il babà succhiasse tutto il liquore venne impermeabilizzato con una marmellata di albicocche. Il Savarin è stato preparato da Sal De Riso. Lui ha preparato per l’occasione un’evoluzione del Savarin.”

“La mia è una versione rivisitata del Savarin  – dichiara Sal De Riso -.  Questa pasta di babà è molto più ricca di uova e preparata con burro. Un babà senza zucchero ma preparato esclusivamente con miele di acacia offrendo una degustazione molto più vellutata. Stasera questo babà è inzuppato in una salsa di arance di Sorrento,ho fatto un semi candito con le arance. C’è una piccola bavarese appoggiata sopra e un cuore di lampone per riportare all’idea della macedonia  con cui era fatto questo Savarin alle origini. E la storia si evolve.”

“Il babà arriva a Napoli  – prosegue Mangoni – con Murat. Nella tradizione napoletana non c’è nessun dolce con il lievito . Il lievito era un prodotto della panetteria di campagna. Murat porta il vino, i formaggi e anche il lievito di birra. Porta tonnellate di lievito di birra. Questo babà a Napoli perde i canditi e diventa un assoluto di morbidezza. Un dolce difficile da fare. Il babà napoletano ci viene presentato da Salvatore Capparelli che ha presentato un babà a forma di Vesuvio. Nel 2000 ho inventato un nuovo babà che ho portato in giro per il mondo. Mi accompagna in questo Ciro Scarpato che da postino andava la sera dai pasticcieri ad imparare. Con lui abbiamo inventato questo bagno particolare al bergamotto”.

La serata, presentata dalla giornalista Laura Gambacorta, si è svolta all’insegna del dolce e del salato  con specialità gastronomiche che hanno saputo conquistare i palati degli ospiti grazie anche alle farine del molino Dallagiovanna che vanta una tradizione con una storia iniziata nel 1832, con l’acquisto di un mulino a pietra e che si è sviluppata nei successivi due secoli grazie ad un ammodernamento continuo, nel rispetto dell’eccellenze della tradizione molitoria.

E a voi vi piac o’ babà?

’O Sfizio d’ ‘a Notizia

Via Michelangelo da Caravaggio, 49/51

Napoli

Tel. 081 7148325

Aperto solo la sera – Chiuso il lunedì

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