Un vuoto incolmabile. La vita del Professor Raffaele Pempinello, spegnendosi, ha portato via con sé il calore, l’umanità, il sorriso di una persona speciale che tutti i suoi amici non potranno dimenticare.
Ci racconta di lui, il già Procuratore generale Vincenzo Galgano che ha dichiarato :“Conoscevo il professor Pempinello soprattutto per la sua fama di ottimo medico e di persona di cuore che non si tirava indietro se c’era l’occasione di fare del bene: era un galantuomo, molto affabile, di indole aperta e comunicativa, pronto al sorriso. Ricordo che un giorno capitammo seduti insieme a un tavolo di un circolo cittadino ed essendo così vicini iniziammo a parlare: mi raccontò tutta la storia della sua numerosa famiglia, dell’attività artigiana ma su scala industriale del padre e di come nacque la sua carriera. Mi disse che la passione per la medicina lo aveva spinto a specializzarsi in Endocrinologia e in Malattie infettive e poi in Igiene e in Gastroenterologia: dopo aver lavorato nella Clinica di Malattie infettive del policlinico Federico II durante il colera, andò in America ma poi volle tornare e divenne primario di Malattie infettive del Cotugno dove ha chiuso la sua carriera e, purtroppo, anche la sua vita.”
Anche la sorella del professore, Elena Pempinello ha voluto lasciarci questo ricordo: “Porto nel cuore la generosità di mio fratello, il sorriso che apriva il cuore e che ti sollevava il morale malgrado ogni contrarietà: era un uomo di altri tempi che amava la vita, la famiglia, il suo lavoro e non perdeva mai quell’aria sorniona e scanzonata che metteva allegria. Ha lottato tanto contro una malattia derivatagli da un’epatite virale contratta in servizio e ha subito degli interventi chirurgici, l’ultimo dei quali il 2 marzo; si era ristabilito ma poi – sempre per la sua grande generosità – non ha saputo dire di no a un suo amico che gli aveva chiesto una visita privata ed è stato contagiato. Da pochissimi giorni era stato intubato ma abbiamo sperato sino alla fine che si salvasse: non meritava di morire così e neppure tutti gli altri caduti per la pandemia, senza il conforto dei familiari, senza una voce amica, senza un ultimo saluto, una cerimonia funebre, una tomba, un fiore. Siamo davvero disperati per la crudeltà di questa malattia che annienta non solo le vite umane ma anche l’umanità di un conforto cristiano.”
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