NASCE IN ITALIA L’ASSOCIAZIONE DELLE PAZIENTI NATE SENZA UTERO E VAGINA


Si è costituita quest’anno la prima Associazione nazionale di pazienti colpite dalla sindrome di Mayer Rokitansky Kuster (ANIMrkhS ), una condizione che colpisce una bambina ogni 4500-5000 nate ed è caratterizzata dall’assenza totale o parziale della vagina e dell’utero. L’associazione, che è in attesa di ottenere il riconoscimento come onlus, è stata fortemente voluta da Maria Laura Catalogna, una giovane donna di Teramo colpita dalla sindrome, che ora la presiede. “Con un piccolo gruppo di amiche, sempre affette dalla malattia, avevamo già aperto un gruppo su Facebook https://www.facebook.com/groups/sindromeMRKH/ , con l’associazione però vorremmo fare ancora di più”. Il primo obiettivo è l’informazione, da diffondere presso le ragazze colpite, le loro famiglie, ma anche i medici e il pubblico generale. “Quando ho ricevuto la diagnosi, da adolescente, ho passato diversi mesi in uno stato di grande confusione: non capivo bene di che cosa si trattasse e spesso neanche i ginecologi erano ben informati” ricorda Catalogna. Per questo, immagina già una serie di convegni in cui gli esperti della sindrome possano spiegare a tutti di che cosa si tratta davvero.

Tra gli obiettivi dell’associazione c’è quello di fornire il massimo sostegno possibile alle ragazze colpite. In termini di aiuto reciproco che può derivare dalla condivisione di esperienze, ma anche di impegno per ottenere più agevolazioni. “Vorremmo riuscire a far includere la sindrome MRKH nell’elenco delle malattie rare esenti del Ministero della Salute – spiega Catalogna a Osservatorio Malattie Rare – Per il momento è tutto a carico nostro, dalle visite periodiche, agli interventi, alla psicoterapia, che è fondamentale”. La giovane donna fa riferimento alla grande sofferenza psicologica che le pazienti vivono, dal momento della diagnosi in poi. “Certo la malattia non è visibile, ma non per questo non c’è. Anzi. Uno degli scogli peggiori è accettare il fatto di non poter avere figli. Molte donne possono decidere se avere bambini o meno, mentre a noi questa possibilità di scelta è preclusa”. Sicuramente ci sono altre vie, come l’adozione o la maternità surrogata (non possibile in Italia) ed è notizia di qualche settimana fa la nascita in Svezia del primo bambino dopo trapianto di utero, nato con taglio cesareo proprio da una donna affetta dalla sindrome MRKH. Però questo non toglie nulla al peso psicologico dell’infertilità completa.

A momento, le cause della malattia non sono note. In Italia il gruppo di ricerca della Prof.ssa Cinzia Marchese, responsabile del Laboratorio di biotecnologie cellulari dell’Università Sapienza di Roma e del Servizio di medicina rigenerativa del Policlinico Umberto I, sta studiando alcune alterazioni genetiche, che potrebbero essere connesse alla patologia. L’unico intervento possibile, al momento, è la ricostituzione del canale vaginale per permettere una vita sessuale normale. La ricostituzione può essere ottenuta per via chirurgica o non chirurgica, a seconda delle condizioni di partenza. La tecnica che pare più promettente, sviluppata dal gruppo della Dr.ssa Marchese, prevede la ricostruzione del canale vaginale con l’uso di cellule staminali ottenute da una biopsia prelevata alla base della vagina dalla paziente stessa. Il primo intervento con questo tipo di rivestimento è stato effettuato nel 2007 in collaborazione con l’équipe di Pierluigi Benedetti Panici: da allora sono state in tutto 26 le pazienti operate. “Si tratta di una terapia cellulare consolidata, per la quale abbiamo richiesto la designazione di farmaco orfano” – spiega Marchese a Osservatorio Malattie Rare – Le ragazze si sentono ‘diverse’, perché non hanno le mestruazioni come tutte le loro amiche e compagne di scuola. E quando scoprono di non poter avere rapporti sessuali hanno in genere una forte crisi di identità”. Per questo è molto importante che pazienti e famiglie partecipino a interventi di psicoterapia. Le difficoltà psicologiche sono aggravate dalla consapevolezza di essere vittime di una condizione rara e per di più poco conosciuta, anche da parte di molti specialisti. “Della sindrome si sa e si parla poco” conferma Marchese. Sottolineando per esempio che manca un registro italiano della malattia: “Fino a che il numero delle pazienti non riesce ad emergere, al di là delle nostre documentazioni interne associate agli interventi, è come se loro neanche esistessero”.

I centri di riferimento specializzati per la presa in carico globale delle pazienti con sindrome di Mayer Rokitansky Kuster Hauser sono soltanto due:

– Dipartimento di Scienze Ginecologiche, Ostetriche e di Scienze Urologiche del Policlinico Universitario Umberto I/Sapienza. Referente: Prof. Pierluigi Benedetti Panici. Il Dipartimento lavora in collaborazione con il Servizio di medicina rigenerativa del Policlinico Umberto I. Referente: Prof.ssa Cinzia Marchese.

– Centro per la diagnosi e il trattamento della sindrome di Rokitansky http://www.sindromedirokitansky.com/, presso Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Referente Prof. Luigi Fedele.

Per informazioni è possibile contattare l’Associazione nazionale italiana sindrome di Mayer Rokitansky Kuster Hauser (ANIMrkhS http://www.animrkhs-onlus.org)

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