Così parlò De Crescenzo, Luciano il Grande in un documentario


Locandina verticale

Qualche anno fa la compianta Marisa Merlini, grande attrice del nostro cinema, a un incontro pubblico, forse un premio, dichiarò che Vittorio De Sica era un uomo che avrebbe meritato di essere eterno. Al grande regista ciociaro era universalmente riconosciuto, insieme alle qualità artistiche e di direzione degli attori – soprattutto giovanissimi -, un tocco speciale, quasi unico nel panorama italiano, un approccio fatto di dolcezza, mitezza, bontà e grande umanità. Tutte doti che non possiamo non riconoscere in un altro regista napoletano, che però è anche attore, scrittore, romanziere, saggista, divulgatore e profondo conoscitore delle leggende e della mitologia greca, e della filosofia in particolare.

Anche quest’uomo per i suoi pregi e per l’empatia che sa trasmettere meriterebbe di essere eterno, ma per il momento insieme alla sua arte ci pensa un documentario a renderlo immortale: stiamo parlando di Luciano De Crescenzo, un vero tesoro letterario partenopeo, un patrimonio della città che dal 26 ottobre sarà al cinema con un film a lui dedicato. A dirigerlo c’è un esordiente, Antonio Napoli, aiutato nell’opera da Simona Corvaglia, che ha rinverdito, a 40 anni dall’uscita in sala, quel Così parlò Bellavista che consacrò De Crescenzo sul grande schermo: Così parlò De Crescenzo è il titolo infatti della pellicola distribuita da Bunker Hill in tutta Italia, che sarà salutata dagli autori e da alcuni degli attori del film, colleghi e amici del grande Luciano come Renzo Arbore, Renato Scarpa, Lina Wertmuller e il sociologo De Masi, presenti il 26 ottobre a Roma alla prima del cinema Farnese Persol.

A Napoli, oltre alla premiere e all’incontro sabato 28 ottobre al cinema teatro Delle Palme con il regista e con Marina Confalone, Benedetto Casillo e Eddy Napoli – autore tra l’altro della canzone originale Napule del film – c’è l’iniziativa del biglietto sospeso che tanto piacerebbe al professor Bellavista, teorico del caffè sospeso in quel romanzo capolavoro di De Crescenzo. Mostrando in biglietteria la copia di un quotidiano con la data del giorno, infatti, sarà possibile ricevere un biglietto omaggio o lasciarne uno sospeso per uno spettatore o un amico. Per Bellavista il tempo è relativo, se si ricorda uno dei suoi discorsi, ma questa offerta è valida per tutta la programmazione del film ad eccezione del sabato e della domenica. Il docufilm vale tutto il prezzo dell’ingresso in sala in ogni caso: Luciano il Grande viene ritratto con delicatezza e affetto, cullato quasi dalle splendide musiche di Paolo Vivaldi mentre lo si vede intento ancora a scrivere nel suo arioso e luminoso studio, e sempre al pc dove lui ha cominciato la sua carriera di ingegnere informatico per l’Ibm, esperienza conclusasi quasi come una storia d’amore finita male, a detta di Luciano, intervistato a suo tempo.

E così si scopre che anche per un’infatuazione era cominciata la sua avventura universitaria alla Facoltà di Matematica, dove si era iscritta la ragazza amata. Mentre forse era già noto ai più il savoir faire unito al fascino del bel Luciano, dongiovanni e grande amante delle belle donne fin da giovane – nel racconto scorrono le immagini delle compagne sulle note accelerate della Gazza Ladra di Rossini in Arancia Meccanica – meno conosciuto è forse il fidanzamento con Isabella Rossellini, che svela il corteggiamento del poeta filosofo davanti alla macchina da presa. L’ironia accompagna tutta la narrazione, dall’aneddoto sul caffè sgarbato ai complimenti affettuosi all’intervistatrice (se ti avessi conosciuto a vent’anni ti saresti perduta!), e fino alla rivelazione della separazione dalla moglie, che lo lasciò mentre era intento a farsi la barba, e con cui ha avuto una splendida figlia, chiamata Paola come il paese calabro intravisto dal treno durante un viaggio.

Leggerezza e risate impreziosite di saggezza e umiltà, gioia di vivere tutta partenopea e curiosità verso il mondo e le cose, come solo un uomo di grande cultura e intelletto sa praticare. Un genio eclettico come i filosofi da lui tanto amati, che gli hanno fatto guadagnare la prima cittadinanza onoraria ateniese mai concessa a un italiano. E come poteva essere altrimenti per l’intellettuale nato e cresciuto nell’Atene d’Occidente, la Neapolis greca che ha portato sempre nel cuore e che lo fece quasi commuovere nell’anniversario dei 30 anni di Così parlò Bellavista al Metropolitan. Chissà se si commuoverà anche stavolta al pensiero della città raccolta intorno al suo ritratto cinematografico. Lo spettatore sicuramente lo farà, perché non è un film che lascia indifferenti.

 

Renato Aiello

 

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