MARIO TALARICO JR, “L’OMBRELLAIO MATTO” PER IL DESIGN


“L’ombrellaio matto”…sì ma per il design! Mario Talarico jr. napoletano, classe 1981, segno zodiacale Toro, nipote di Mario Talarico Sr. classe 1932, possiede il “sacro fuoco” di famiglia, la passione per gli ombrelli – riconosciuti fra i più belli al mondo –  ma con un talento in più, quello del design e dell’arte sartoriale. Intervistato nell’antica botteguccia in Vico Due Porte a Toledo, 4 B – dove dal 1924 l’antica dinastia di ombrellai (fondata nel 1860 in via Trinità degli Spagnoli dal “giapponese” Giovanni Buongiovanni) si è trasferita grazie ai suoi genitori e allo zio Mario – Mario jr si racconta, condividendo con noi le sue ambizioni e le sue speranze.

La passione per gli ombrelli è un’eredità genetica?

“Sì, posso dire di averla respirata sin da bambino anche se io seguivo di più mio padre Alfredo che lavorava la pelle: da lui ho appreso a cucire a macchina cuoi, nappe e pellami vari e a tagliare i modelli per realizzare borse e cinture, come pure mio fratello Luca che ha proseguito su quella strada. Poi, verso i venti anni, mi sono avvicinato allo zio di cui porto il nome – un vero genio – che è il mio modello di ispirazione e da cui ho imparato i segreti del mestiere che oggi porto avanti con orgoglio, per perpetuare la tradizione della nostra famiglia che non volevo andasse perduta.”

 Questa scelta ha comportato delle rinunce?

“Sì, per questa passione ho rinunciato ad andare in America dove la Marvel mi aveva cooptato per disegnare le copertine dell’Uomo Ragno giacchè io nasco come fumettista, vignettista e disegnatore: hanno giocato contro, la paura di andare a New York per fare una vita completamente nuova, la riluttanza a  lasciare la famiglia a cui sono molto legato e il timore che questo cognome andasse a finire in Cina o in mani sbagliate. Ho deciso quindi di affiancare mio zio mettendo insieme le cose che mi fanno stare bene, ovvero il disegno, il saper cucire a macchina e saper inventare i modelli, il taglio e la rifinitura: mi diverto a disegnare i miei miti, i personaggi del cinema e del teatro, le icone intramontabili di Napoli.”

Voi siete conosciuti come gli “ombrellai dei Papi”, ma quanta gente di potere nel mondo sfoggia i vostri parapioggia?

“E’ vero, io ho realizzato preziosi manufatti per ben tre pontefici e sono andato a consegnarli personalmente anche da Papa Francesco, insieme a mio zio Mario che ha forgiato per loro bastoni di gran classe: devo dire che la nostra clientela annovera in modo trasversale tanti strati della società, in mezzo ai quali spiccano autorità, governatori, grandi star dello spettacolo (Totò e anche Eduardo si sedevano qui in bottega a conversare con lo zio), personalità politiche, vertici delle forze Armate, aristocratici di gran lignaggio, principi e regnanti di ogni nazione.”

 Indubbiamente avranno ombrelli di gran pregio: quali sono i più originali?

“In pole position ci sono sicuramente gli ombrelli con il gambo di Malacca del Giappone – come quello che ho appena realizzato per il critico d’arte Vittorio Sgarbi –  in legni pregiati come castagno e hirory, essenza di limone o ciliegio, corniolo, canna da zucchero o bambù, abbinati alla seta pura. Ma poiché la produzione non si limitava a questo, ho in mente di realizzare un Museo della famiglia Talarico partendo dalle prime generazioni costituite dal capostipite  Giovanni Buongiovanni, dalla figlia Emilia Buongiovanni che sposa Achille Talarico, dal loro figlio Giovanni che trasmetterà il suo sapere a mio padre Alfredo e a mio zio che rappresentano la quarta generazione che ha saputo costruire bastoni da passeggio in argento, legno di palissandro e – quando le leggi lo permettevano – in candido avorio, oltre a ventagli rifiniti con bacchette di tartaruga (altra materia oggi proibita), tutti pezzi unici, personalizzati sulle esigenze del richiedente o del destinatario: desidero istituirlo per dimostrare al mondo intero che Napoli non è solo ciò che fanno vedere i media – spazzatura e malavita – ma ha anche tanta arte e artigianato di altissimo livello.”

 Grazie a una clientela internazionale, il mondo è venuto qui da voi, ma voi avete viaggiato?

“No, il lavoro e anche la giovanissima età di mio figlio Yan me lo impediscono e anche mio zio Mario non si è mai allontanato dai confini patri: sicuramente quando mio figlio sarà più grande, abbandoneremo i villaggi vacanze in cui trascorriamo brevissime ferie e visiteremo quel mondo di cui sentiamo parlare dai nostri clienti e che finora abbiamo visto attraverso i loro occhi e i loro racconti: in tal senso, coltivo il sogno di espanderci all’estero – un progetto che accarezzo da tempo – per portare i nostri ombrelli a chi non può viaggiare per raggiungerci”.

 Quindi il lavoro è totalizzante?

“Sì, mio zio ed io siamo i soli che possano dirigere questa bottega e ambedue scendiamo prestissimo in negozio senza orario di chiusura perché i clienti italiani e stranieri ci preannunciano il loro arrivo a tutte le ore: anche quando sono soltanto di passaggio da Napoli per andare a Capri o in costiera, la tappa da noi è obbligatoria per vedere i nuovi ombrelli e portarsene a casa qualcuno.”

E la consorte non protesta?

“ Mia moglie Svetlana Negrova, di origine russa, capisce bene il sacrificio che richiede questo lavoro in cui bisogna concentrare precisione, fantasia e creatività per forgiare oggetti unici, eleganti e utili: io cerco di non trascurare la mia famiglia ma la creazione di ombrelli è un impegno notevole perché riesco a farne solo un paio al giorno, dovendo seguire il laboratorio, ricevere i clienti e spendere del tempo per consigliarli”.

I vostri ombrelli sono completamente lavorati a mano: qual è la parte più difficile da realizzare?

 “Ci sono passaggi impegnativi tra cui l’affinamento e la tornitura dei manici a collo d’oca infilati su aste, l’ utilizzo di carbonio, acciaio e fibre tecnologiche per la stesa dei tessuti e poi l’applicazione di molle in acciaio armonico per completare il meccanismo.  I pezzi da collezione vantano particolari di grande accuratezza come i puntali in metallo o in corno, le guarnizioni di canole, placche e di dettagli in tessuto (come la calzettina, il riccetto, le rosette), l’aggiunta di nastrini, anelli metallici e bottoni di madreperla”.

 L’oggetto più divertente che ha realizzato da solo?

“Ho creato un ombrello-oggetto a motore, un carosello con la giostra di 8 cavalli intagliati in cuoio ( e qui ritorna la mia gavetta in pelleria) e ricoperti di strass, in cui l’ombrello fa da cupola alla giostrina che si accende, con la musica, direttamente dal telefono:  questo “divertissement” con il Bluetooth attesta il mio amore per il circo, giacchè trovo che l’artigiano abbia molti punti di contatto con i circensi.”

In che senso?

“Beh, perché anche un artigiano come me dev’essere sempre allegro quando c’è il pubblico, nascondere i propri problemi e sacrificarsi tutta la vita; inoltre, come loro, amo gli animali e riporto questo mio amore negli ombrelli che spesso hanno manici intagliati a forma di cavalli, gatti, cani, rospi e civette e stoffe con le loro immagini.”

Quindi ci sono varie innovazioni?

“E’ il mio modo personale di stare al passo con i tempi mantenendo comunque viva la tradizione  perché il mio obiettivo è di portare questo negozio a livello mondiale, passando dalla dimensione di bottega di famiglia a quella di un brand internazionale: voglio affrontare una nuova era e mi piace dare spazio all’estro artistico che caratterizza tutto l’artigianato di altissimo livello made in Naples e ad ottobre, probabilmente, ci sarà una grande novità in tal senso.”

 

LAURA CAICO

 

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