In questo momento così difficile per l’Italia e il mondo intero alle prese con un nemico incontrollabile, il Coronavirus o Covid19, molti lavoratori soprattutto liberi professionisti sono fermi con le loro atività nella speranza che tutto possa ritornare alla normalità al più presto. Ne parliamo con Massimiliano Campanile, hairstylist di grande talento e scrittore.
D – Campanile ci ritroviamo per questa intervista e non possiamo non iniziare da un’analisi di questa situazione che, a causa del coronavirus, ci vede costretti a rimanere a casa.
“E sì, purtroppo ci ritroviamo a dover commentare un qualcosa che è più grande di noi. Qualcosa che non avremmo mai immaginato potesse accadere. Invece siamo qui a vivere un’atmosfera così surreale. Nemmeno il più pessimista tra noi avrebbe potuto immaginare uno scenario così cupo.”
D – Un suo auspicio.
“Io sono ottimista per natura. Ma per superare tutto questo dobbiamo avere ancora più fede in Dio. Tutto questo credo sia un ammonimento per indurci a riflettere, per farci correre di meno. Ovviamente dovremo anche rimboccarci le maniche e, quando tutto ritornerà come prima, lavorare con più caparbietà e tenacità.”
D – Ritorniamo alla sua attività. Lei ora è un hairstylist affermato, conosciuto in tutta Italia. Possiamo dire che ha coronato il suo sogno.
“Certo, ho iniziato a fare questo lavoro da quando avevo 13 anni. Da bambino pettinavo le bambole di mia sorella e con tanti sacrifici sono riuscito anche a pettinare le principesse come Rania di Giordania, una donna bellissima.”
D – Cosa prova quando crea un’acconciatura?
“Ogni donna ha il suo volto, il proprio stile, la propria personalità. Quindi ogni acconciatura è pensata e ideata per esaltarne ogni aspetto. Non lascio niente al caso e questo è quello che ho insegnato ai miei collaboratori. Curare anche il più piccolo particolare. Un’acconciatura, che sia fatta a una donna del popolo o a una nobildonna rappresenta un’opera d’arte. Questo è il verbo che seguo nel mio lavoro.”
D – Lei ha chiuso il suo salone anticipando l’ordinanza del presidente della Regione Vincenzo De Luca con la quale è stato imposto alla sua categoria di rimanere chiusi, causa Coronavirus, fino al prossimo 3 aprile.
“Ci abbiamo provato in tutti i modi a garantire la sicurezza per la salute della clientela e dei miei dipendenti, però quando ci siamo resi conto che i rischi aumentavano non ci ho pensato un secondo in più a chiudere il salone. Come ho già dichiarato ad altri suoi colleghi sposo in pieno lo slogan che recita “la salute prima di tutto”.”
D – Parliamo d’altro. Lei ha da poco dato alle stampe un’autobiografia intitolata “Non c’è niente che cambierei” edita da Graus Edizioni. Come mai ha sentito la necessità di raccontare la sua storia in un libro?
“Semplicemente perché la mia storia è la storia di tutti. Un ragazzo di periferia, sono nato e vissuto a Barra fino all’adolescenza. Già in quegli anni, però, ho dovuto affrontare tanti problemi dal bullismo alla violenza perché iniziavo a conoscere la mia omosessualità. I silenzi per non deludere la famiglia e poi tanta sofferenza tenuta dentro.”
D – Quindi possiamo dire che il libro rappresenta un modo per amplificare tante problematiche comuni?
“Una domanda coglie nel segno. Io ho voluto scrivere questo libro per avere un’opportunità in più per parlare ai ragazzi e, soprattutto alle famiglie.”
D – Ci spieghi meglio.
“Quando un ragazzo o una ragazza scoprono la propria omosessualità non devono sbattere contro il muro dell’indifferenza che le famiglie, quasi sempre, innalzano. Ma dovrebbero ritrovare prima che ancora dei genitori dei veri e propri amici che ascoltano il tumulto che sta sconquassando il proprio animo. Ho ripetuto a gran voce che un figlio è sempre un figlio e va, solamente, aiutato. Ed io ho sentito la necessità, con questo libro, di parlare proprio ai genitori che, però, bisogna comprendere perché quando scoprono la “diversità” del proprio figlio meritano rispetto e comprensione da parte dei propri ragazzi.”
D – Lei ha più volte ribadito che vorrebbe parlare di tutto questo anche in tv.
“Sì, perché non si pensa mai a un dibattito televisivo dove le famiglie possano chiedere come comportarsi quando il proprio figlio racconta della propria omosessualità. Mi piacerebbe mettere a disposizione tutta la mia storia, tutta la mia vita per loro.”
D – Scorrendo le pagine del libro leggiamo che nel cassetto conserva un altro sogno, anche questo molto ambizioso.
“Sì, vorrei realizzare un’accademia per parrucchieri dove poter accogliere proprio i ragazzi che non hanno la possibilità di potersi permettere di pagare una retta per frequentare una scuola del genere. Sono nato in periferia e conosco bene queste problematiche.”
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